Salute mentale ed economia dei piccoli lavori: "gig economy"
I lavoratori apprezzano la flessibilità della “gig economy”, ma l'isolamento, le lunghe ore e la valutazione delle prestazioni da parte di un algoritmo rivelano che ciò provoca molti problemi di salute mentale.
Come il nome suggerisce, la“gig economy” rappresenta un modello economico in cui le persone non devono più recarsi su un luogo di lavoro fisso, ma lavorano solo quando c’è richiesta del proprio servizio; un nuovo modo di guadagnare con micro lavori ottenuti ad esempio tramite app nella rete internet.
Alcune persone usano questo termine per indicare tutti quelli che hanno un lavoro indipendente. La nozione di per sé non è nulla di nuovo; ciò che invece rappresenta la novità è la presenza di moltissime piattaforme online che collegano consumatori e lavoratori che svolgono incarichi. Queste piattaforme avvicinano lavoratori e clienti e facilitano il pagamento tra le due parti.
Se si vive in una città sarà molto più facile entrare a contatto con la realtà della gig economy. In Inghilterra il 3,5% dei lavoratori fa parte di questo modello economico. Nella pratica questo significa che si sta creando un esercito di lavoratori senza un posto di lavoro: ciò è positivo perché permette di lavorare quando si vuole e senza preoccuparsi troppo della relazione sociale, ma, secondo alcuni esperti, l’isolamento, il non avere un qualcuno che controlli la situazione nel complesso possono avere degli effetti negativi sulla persona.
Il contatto quotidiano di queste persone è dato da un algoritmo che monetarizza i loro bisogni e le performance. Alcuni algoritmi possono bloccare l’attività del lavoratore se ci sono problemi di performance e ciò può provocare ulteriori danni. Per gli esperti il lavoro da fare è chiaro: andare a specificare quali sono i benefici e i danni di questo nuovo modello economico.